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  • Immagine del redattoreSebastiano Michelotti

Accordo trilaterale tra USA, GB e Australia per sviluppare sottomarini nucleari

La geopolitica internazionale ha appena svolto un passaggio storico sul piano delle relazioni internazionali, ma non dalla parte giusta.

America, Gran Bretagna ed Australia hanno stipulato un patto trilaterale (Aukus) per consolidare una forza d'opposizione alla Cina nel Indo-pacifico.

L'accordo prevede che gli USA condividano le proprie tecnologie per lo sviluppo di sottomarini a reattore nucleare con l'Australia. Cosa c'è di incredibile?


Una cosa del genere non succedeva dal 1958, quando gli Stati Uniti condivisero questa tecnologia con la Gran Bretagna lasciando indietro la Francia (allo stesso modo la Francia oggi perde un contratto da 90miliardi stipulato tra l'Australia e la sua Naval Group per lo sviluppo dei sottomarini. I primi rumors parlano invece di un contratto con la Rolls-Royce per i motori).


È lampante qui l'intento di porre una pressione militare preventiva alla Cina, ma cosa bolla in pentola di preciso non lo sappiamo. Sicuramente, però, qualcosa di spaventosamente grosso (lo conferma la dichiarazione di un alto ufficiale americano: "queste sono circostanze particolari").


La mia interpretazione è che l'alleanza interessi all'Australia per lo sviluppo della tecnologia nucleare (vedi sotto) e agli USA per il mantenimento delle condizioni di libero scambio economico internazionale incontrollato (a dimostrazione che Biden è un progressista fin tanto che non si deve compromettere i grossi interessi economici, da difendere a tutti i costi).


La cosa non va sicuramente dalla parte giusta: è comprovato che gli accordi del WTO siano uno dei più grandi ostacoli alla transizione (vedi il caso dell'Ontario dove il Giappone appellandosi al WTO bloccò uno dei progetti più ambiziosi di rinnovabili nel mondo) e ormai tutti gli esperti del climate change sono concordi sul fatto che vadano completamente riformati. Invece uno degli accordi di cooperazione più importanti dell'ultimo periodo li difende a costo di scatenare una guerra intercontinentale.

Il Presidente australiano Morrison, d'altro canto, ha dichiarato che tale risoluzione non ha l'intento di procurare armamenti nucleari, cosa proibita dal Trattato di Non Proliferazione (NPT), o di stabilire sul paese tecnologie di nucleare civile. I sottomarini a reazione nucleare servirebbero per operare più a lungo e più silenziosamente di quelli a classe Diesel.


Ma gli esperti sono concordi che questo creerebbe un pericolosissimo precedente, generando di fatto un circolo vizioso per evadere il NPT. "Il trattato consentirebbe ai Paesi non dotati di armi nucleari di costruire sottomarini a propulsione nucleare (si pensi all'Iran, ndr)" scrive il The Guardian. Per prelevare l'uranio necessario devono quindi fare uso delle riserve monitorate dall'Agenzia Internazionale dell'Energia Atomica, aprendo di fatto alla possibilità che questo escamotage venga usato anche da altri per produrre armi.


È difficile rendersi conto della portata della cosa, ma siamo di fronte ad un passaggio storico che purtroppo però non va nella giusta direzione.

Per prima cosa favorisce una dottrina di politica internazionale che speravo si potesse superare, ovvero quella del "Big Stick" di Roosevelt: comanda chi ce l'ha più grosso (il bastone, s'intende). Questa mossa militare va contro le necessità di cooperazione internazionale che ci richiedono le sfide odierne come la crisi climatica e la pandemia. A questi problemi globali servono strumenti di unione e coordinazione globale, non nuovi conflitti. La crisi climatica non la vinceremo sconfiggendo il rivale e prendendo le sue risorse, ma lavorando insieme per abbandonare i combustibili fossili.


Inoltre diffonde ulteriormente un metodo di sviluppo obsoleto, centrato sugli investimenti militari come "volano" per l'economia. Questo si faceva nelle guerre mondiali, oggi abbiamo altre necessità più impellenti, come la transizione, che secondo scienziati ed esperti richiede il 100% delle attenzioni e delle risorse.


Gli eserciti inquinano, e tanto. Più di quanto si possa pensare. Nel 2011 l'esercito degli Stati Uniti ha raggiunto il primato di emissioni da parte di un singolo soggetto, immettendo in atmosfera 56,6 milioni di tonnellate di CO2 (fonte: Università del Massachussets) . Più delle azioni congiunte di Shell ed ExxonMobil negli USA, che il petrolio lo estraggono. Tre anni prima nel Paese si registravano ogni anno 45.000 persone che morivano perché sprovviste di assicurare sanitaria, ovvero, circa un morto ogni 12 minuti (fonte: Harvard Medical School).

We need to change.
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