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  • Immagine del redattoreSebastiano Michelotti

Il treno ha fischiato - Pirandello

Aggiornamento: 14 mar 2020

Nella breve novella di Pirandello il protagonista, Belluca, ci viene descritto come un lavoratore alienato e circoscritto da una misera condizione di sofferenza.


Belluca, così immerso nella sua angusta vita da mulo, s’era dimenticato - ma proprio dimenticato- che fuori da quella casa orrenda dove viveva, fuori da tutte le ingiustizie di cui si faceva carico, c’era il mondo. Un mondo di vita e di passioni, un mondo di curiosa giovinezza.


Se ne ricordò improvvisamente una sera, udendo il fischio d’un treno. La sua fantasia si aprì tutto d’un tratto e una ventata d’aria fresca implose nel suo cupo animo. Viaggiò con l’immaginazione fino “in Siberia, oppure in Congo” e si ricordò così della vastità e della bellezza di quello che esiste oltre il suo triste orizzonte.


E quando se ne ricordò impazzì di gioia e di vita tanto che i suoi colleghi lo diedero per matto e lo portarono in manicomio mentre questo urlava felice: “Ha fischiato! Il treno ha fischiato! Si parte, si parte!”.


Questo - ci dice Pirandello - era naturale dopotutto: “S’era ubriacato. Tutto il mondo dentro d’un tratto: un cataclisma”. Ma d’ora in avanti Belluca, una boccata d’aria “in Siberia” o “nelle foreste del Congo” se la sarebbe fatta più spesso, per respirare la vita: “Ora che il treno ha fischiato” e che si è ricordato dell’immensa bellezza del mondo “si fa in un attimo” conclude.



Questa storia mi ha ricordato quanto sia importante non smettere mai di sognare. Non possiamo rinchiuderci nelle nostre vite circoscritte, marginando l’infinità dell’animo umano entro degli effimeri scopi.


Dobbiamo lasciare librare la nostra fantasia, viaggiare nel vento del mondo, sentirci vivi in esso e rincorrere con spensieratezza le passioni astratte allo stesso modo con cui, ahimè, rincorriamo il denaro o il potere.


Solo così arriveremo a percepire e provare con le nostre emozioni l’essenza di ciò che ci circonda e ci sentiremo parte del mondo in cui viviamo. Un’appartenenza pura, senza confini, senza bandiere, un’umanità senza distinzioni di razza o di genere, senza odio o violenza.


Siamo tutti figli della stessa madre, ma odiamo la ricchezza delle nostre diversità e preferiamo distruggerci o distruggere la nostra casa. Siamo diventati così ciechi nella nostra avida modernità, nel nostro inarrestabile progresso che abbiamo perso la capacità di sentirci umani.

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