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  • Immagine del redattoreSebastiano Michelotti

Libertà d'opinione: le fondamenta di una democrazia

Aggiornamento: 27 mag 2020


Proseguo la riflessione iniziata nel precedente articolo "Luoghi comuni" - che suggerisco a tutti di leggere - approfondendo il concetto di libertà d'opinione e soprattutto d'informazione come basi di una democrazia reale.


Una dittatura è per definizione un sistema di governo autoritario e privo di qualsiasi forma di opposizione. La democrazia invece si fonda sul concetto di opposizione, ed è importantissimo che essa, l'opposizione, eserciti il suo ruolo nei confronti della maggioranza. Se ad una legge non si potesse esprimere liberamente e civilmente alcun dissenso si sarebbe in una dittatura, non in una democrazia.


Dal momento che la democrazia si basa sulle opinioni del popolo è chiaro che il "come" il popolo formula queste opinioni risulta essere un passaggio chiave. L'informazione assume quindi un ruolo importantissimo nell'ambito della democrazia. Come in questa è fondamentale il rapporto tra maggioranza e opposizione, lo è di conseguenza nell'informazione.


La democrazia si basa imprescindibilmente sulla libertà di opinione. Se l'informazione, che è espressione delle opinioni del popolo ma allo stesso tempo formatrice dei pensieri, fosse unica, monopolizzata e autoritaria ci troveremmo sempre, di fatto, in un regime dittatoriale.


A quanto pare oggi non solo non è più scontato poter fruire di un'informazione libera e svincolata da qualsiasi gioco di profitto, ma diventa sempre più difficile anche "fare" e diffondere questo tipo di informazione. E con il cadere di questo diritto fondamentale vediamo anche vacillare l'essenza stessa della democrazia. Ne è l'esempio l'Ungheria, di cui ho già parlato nel articolo sopra citato.


Ma affrontiamo la questione da un punto di vista filosofico.


John Stuart Mill: la tutela della libertà d'opinione

«Se tutti gli uomini meno uno avessero la stessa opinione, non avrebbero più diritto di mettere a tacere quell'unica persona di quanto ne avrebbe quell'uno di far tacere l'umanità l'intera»

John Stuart Mill 1806 - 1873

Per il filosofo positivista infatti, impedire l'espressione di un'opinione non è solo un'ingiustizia verso costui, ma è anche è un crimine estremamente grave verso tutta l'umanità, una vera è propria privazione.


«Se l'opinione di quell'uomo fosse giusta - argomenta Mill - la civiltà verrebbe privata di un contributo fondamentale per passare passare dall'errore alla verità; se fosse sbagliata, perderebbe un beneficio ancora più grande, vale a dire la percezione più chiara della verità, che risalta meglio dal confronto con l'errore.»


In generale, non possiamo mai essere certi che l'opinione che stiamo cercando di soffocare sia falsa. Potrebbe infatti essere vera e non abbiamo alcuna autorità di decidere la questione per tutta l'umanità, togliendo a chiunque altro la possibilità di giudizio. Non possiamo nemmeno avere la presunzione di possedere la "certezza assoluta" che giustifichi il rifiuto di un'altra opinione perché "certi che sia falsa", in quanto nessuno è infallibile ne detentore dell'unica verità.

«Vi è la massima differenza tra presumere che un'opinione è vera perché, pur esistendo ogni opportunità di discuterla, non è stata confutata, e presumerne la verità al fine di non permetterne la confutazione.»

Gli uomini hanno la tendenza a mettere in dubbio le idee condivise da pochi, mentre hanno fiducia nella verità delle opinioni sostenute dalla maggioranza, spesso giudicata erroneamente infallibile. Infatti, secondo Mill, la verità non coincide con l'opinione dominante. La storia è piena di errori compiuti dalle maggioranze: da Galileo costretto ad abiurare davanti ad una scienza del tutto autoritaria, a Socrate condannato a morte da un tribunale popolare.


L'obbiezione che si può sollevare verso le argomentazioni contrarie all'autorità collettiva, osserva Mill, è che le opinioni ritenute erronee possano rappresentare un pericolo per la comunità e che quindi sia nostro dovere vietarle. La risposta di Mill è netta e precisa: per far emergere la forza di verità delle nostre idee è necessario paragonarle con quelle altrui, anche contrarie, in una conversazione pacata ma rispettosa delle diversità.

«Le esperienze e la pratica della discussione sono elementi indispensabili per la conquista della verità; le opinioni sbagliate cederanno gradualmente il passo, a mano a mano che saranno messe a confronto con i fatti e gli argomenti più convincenti.»

Secondo il filosofo inglese il controllo autoritario delle opinioni è un gioco che non vale la candela, dove ciò che si perde è più di ciò che si potrebbe sperare di ottenere. Invece di limitare questo tipo di libertà per la paura che il falso possa infettare la massa ignorante e incapace di difendersi, si dovrebbe incentivare la conoscenza e la cultura così da fornire i giusti strumenti per analizzare oggettivamente i fatti e individuare la verità.

La verità che non ammette di essere criticata è un dogma; il sapere che non riconosca la possibilità di essere smentito è un pregiudizio e per tanto contraddice la natura della conoscenza e della ricerca scientifica.
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