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  • Immagine del redattoreSebastiano Michelotti

NFT: la mercatizzazione della proprietà estrinseca

Aggiornamento: 22 feb 2022



Questa immagine, completamente digitale, è stata venduta per quasi 70 milioni di dollari; 2,9 milioni di dollari è invece il valore a cui è stato acquistato il primo tweet della storia. In una operazione di compravendita colui che compra ottiene la proprietà fisica e giuridica dell'oggetto di venduto. Nel secondo caso la proprietà è comunque legata alla caratteristica di scarsità dell'oggetto. Se è mio non è tuo, oppure mi vanno corrisposte delle royalties Com'è stato possibile, in questi casi, vendere qualcosa di immateriale che rimane tutt'ora accessibile online gratuitamente da tutti? Grazie agli NFT.


Gli NFT - Not Fungible Token - sono dei certificati di proprietà digitale conservato in blockchain, ovvero in un sistema interconnesso di condivisione dati che risiede nell'etere di internet. Il concetto è molto semplice: sono stringhe di codice che permettono di garantire la relazione tra un soggetto (il proprietario) e un oggetto (il bene di riferimento). La differenza rispetto alla moneta o alle cripto-valute sta nel fatto che, mentre le prime sono perennemente interscambiabili in quanto univocamente valutate (il valore tra un dollaro e un altro è sempre lo stesso), gli NFT sono, letteralmente, "non interscambiabili". L'NFT di questa opera non ha lo stesso valore di quest'altra e la firma digitale con cui vengono creati ne rende impossibile la modifica. È un attestato di proprietà, non una moneta.


In giro per il web possiamo vedere la messa in vendita delle cose più impensabili: da delle GIF ai collage di selfie, fino a vere e proprie opere d'arte digitali. Apparentemente, sembrerebbero innocui strumenti di valorizzazione dell'arte digitale, capaci di rendere merito ad una nuova corrente artistica che trova difficoltà fisiche nel trarre guadagno dalla sua attività. Tuttavia, dando uno sguardo più approfondito, gli NFT hanno introdotto un cambio di paradigma di portata colossale, con rischi connessi che ancora non stiamo valutando.


Senza volerlo, questi token hanno istituito un nuovo concetto di diritto e lo hanno amplificato ai confini dell’esistenza stessa. La portata di questa rivoluzione è sconcertante, e irrimediabilmente spaventosa. Qualsiasi cosa, perfino di immateriale come un'immagine o un messaggio, può diventare un'entità su cui è possibile esercitare un diritto di proprietà, univoco o condiviso.


Non è la prima volta che si estende il concetto di diritto oltre ai beni materiali. Ronald Coase - un importante economista e teorico del diritto - attribuì il diritto di proprietà alle esternalità del mercato, ovvero alle conseguenze "esterne" che uno scambio tra due soggetti può provocare ad un soggetto terzo non incluso nella trattativa. In questo modo, si teorizzò per la prima volta la possibilità del possesso di un’entità immateriale così da potervi creare un mercato di libero scambio. Il teorema di Coase generò ampie correnti di dottrina e pratica economico-politica, soprattutto in campo dell’economia ambientale (non senza problematiche e con scarsi risultati).


Tuttavia, gli NFT superano di gran lunga le brame mercantilistiche di Coase. Se alla peggio il Teorema di Coase poteva non funzionare, continuando a perpetrare lo status quo senza risolvere realmente l’esternalità, i Not Fungible Token aprono una strada ben più pericolosa.


Con gli NFT è possibile introdurre in un mercato letteralmente qualsiasi prospettiva del diritto in senso lato. Inizialmente si potrebbero valutare i vantaggi (apparenti), come la possibilità di allocare in modo pareto-efficiente (ovvero nel modo migliore possibile) anche piccoli aspetti della quotidianità: un abbonamento rimasto inutilizzato, una pagina social popolare che non si vuole più gestire, gli avanzamenti di un vecchio videogame a cui ormai non giochiamo più, è così via. Già prima era possibile vendere informalmente il proprio abbonamento Netflix ad un amico e ricevere in cambio del denaro, ma la transazione non sarebbe stata formale. Non sarebbe esistito alcun atto notarile che testimoni giuridicamente tale vendita. Scambi di questo tipo sono possibili ma non sono adatti ad un sistema di mercato. Gli NFT superano questo ostacolo, creando la prospettiva di poter certificare la vendita di qualsiasi cosa.


Il precedente teorico che si viene a creare nasconde però un potenziale terrificante. Qualsiasi cosa può assume un valore ed essere ricoperta da una proprietà giuridica. I limiti non sono definiti. Finora, gli aspetti fondamentali della vita umana, come il diritto alla vita, il diritto alla salute, allo sviluppo, all’istruzione, all’eguaglianza, sono considerati intrinsechi al concetto stesso di esistenza e di vita. Sono diritti di natura, appartenenti all’uomo ancor prima dell’esistenza delle strutture giuridiche di cui ci serviamo oggi. Sono anzi il fondamento stesso del diritto positivo, artificialmente concepito e quindi giuridicamente valido. Sono i diritti di natura che hanno creato gli Stati, attribuendo legittimità ad una autorità sopra ordinata all'individuo, in modo che possa fungere da garante collettivo dei diritti naturalmente riconosciuti. È l’uomo che ha creato e crea il diritto, non il contrario.


Gli NFT rischiano di invertire questa naturale concezione dell’esistenza. Non vengono garantiti da nessuna autorità legittimamente costruita. Appartengono all’anarchia dell’etere stesso, alle blockchain del post-umanesimo e non ci sono limiti naturali o imposti da autorità sovraordinate.


Potenzialmente è quindi possibile attribuire un diritto di proprietà ad aspetti come la vita stessa, per poi inserirla in un mercato globalizzato. Cosa succederebbe se qualcuno decidesse di creare un diritto di proprietà sulla sua vita per poi venderla? Magari sul momento nulla, ma in futuro il compratore potrebbe chiedere un risarcimento danni se il suo investimento, la vita di una persona, avesse subito dei danneggiamenti a causa, per esempio, di una malattia. A cascata si delineano così le caratteristiche di una serie infinita possibilità di mercatizzazione dell’esistenza, che apre la strada a imprevedibili conseguenze.


Sul piano della dottrina e della filosofia del diritto, ne risylterebbe alterato il rapporto tra uomo e diritto. Sarebbe il diritto stesso a diventare possessore e creatore dell’uomo. Di conseguenza, non sarebbe più l’uomo a relazionarsi liberamente in un mercato, ma diventerebbe il mercato stesso l’ente regolatore delle relazioni umane. La “mano invisibile” si trasformerebbe in un sovrano giuridicamente visibile e attivamente dispotico.


Direte: "be', basterebbe regolamentare tramite le autorità già esistenti". Tuttavia, uscendo dal concetto di diritto ordinario, nel sistema politico istituzionale odierno, basato su assunti ancora molto statocentrici e limitati ai propri interessi nazionali, territorialmente identificati, è irrealistico pensare che gli NFT verranno regolamentati nel breve periodo. Sono un'entità nuova, senza precedenti, frutto di un'interdipendenza globalizzata che procede più veloce di qualsiasi processo istituzionale, e quindi sfugge agli strumenti di tutela attuali. Sarebbe richiesto uno sforzo di cooperazione internazionale per il quale il sistema non è ancora pronto. Basti vedere l’arretratezza della regolamentazione pubblica nei confronti di social network come Facebook o Twitter, di store online come Amazon o di siti internet di vario genere, a più di una ventin anni dalla loro comparsa.


L’idea ancora più perversa degli NFT è che essi non attribuiscono nessuna proprietà fisicamente rivendicabile. Il senso di comprare un quadro non sta nel fatto di possederlo giuridicamente, ma di poterne usufruire visivamente nel proprio spazio. Si compra un oggetto per poterlo possedere, sottraendolo alla volontà di altri. Starà al proprietario decidere se esporlo in un museo, rivenderlo o tenerlo per sé. Nonostante questo leda comunque i miei principi di condivisione, collettività e cooperazione, mi risulta possibile comprenderne il significato, in quanto intrinseco al sistema economico basato sulla scarsità.


Ma gli NFT attribuiscono solo una proprietà giuridica, non reale. Se compriamo una GIF in NFT, o un meme, saranno giuridicamente nostri secondo quanto stabilito da un contratto (che è l’NFT stesso), ma chiunque potrà continuare a usufruirne liberamente ovunque. Al limite, questo può avere un parvenza di significato nelle attività speculative e di borsa: possedendo qualcosa, o parte di essa, si ha accesso agli eventuali dividendi sul ricavato. Ma questo non è sufficiente a giustificare la nuova concezione di proprietà estesa che verrebbe a crearsi.


Di fatto, gli NFT estremizzano tutti quei valori paurosamente avidi e beceri della natura umana. Nasce il possesso fine alla sola idea dello stesso. Possedere tanto per possedere, senza realmente possedere nulla. Questo inasprirebbe il piano valoriale di una società già piena di avidità, materialismo ed egoismo, acuendone la tendenza intrinseca al conflitto.


La proprietà privata è stata oggetto di infinite teorizzazioni differenti nell’ambito della dottrina politica, della sociologia e della filosofia. Fondamento della civiltà per alcuni. Causa di tutti i mali per altri. In ogni caso questa dialettica ha sempre rappresentato il normale processo di sviluppo delle idee in un contesto sociale in continua evoluzione. Gli NFT rischiano di far collassare questo percorso, privando di senso qualsiasi riflessione sul concetto di proprietà.

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