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  • Immagine del redattoreSebastiano Michelotti

Sanatoria braccianti: non basta per sconfiggere il caporalato. Serve dare dignità ai lavoratori

Aggiornamento: 23 mag 2020



Innumerevoli scontri politici si sono consumati in queste settimane sulla spinosa questione della nuova sanatoria per 600.000 braccianti clandestini contenuta nel «decreto rilancio». Una valanga di propaganda spudorata sputata da una classe politica alla ricerca ossessiva di piccole percentuali nei sondaggi sui consensi. Come se dietro a tutte queste questioni non ci fossero persone, esseri umani che respirano, gioiscono, soffrono, vivono. Ma soprattutto lavorano.


Questo si che invece sembra interessare tutti. Quelle persone, trattate alla stregua di schiavi, sono il motivo per cui sulle nostre tavole arriva frutta e verdura (e non solo) ogni giorno. La maggior parte sono immigrati clandestini, senza permesso di soggiorno, senza nessun contratto ne diritto. Quanti sono? Ufficialmente è impossibile saperlo, purtroppo queste persone sono "gli invisibili" della società, i cosiddetti ultimi, dei fantasmi. Non puoi quantificare ciò che non conosci. Ma la realtà è che queste persone esistono, e sono secondo le stime diverse centinaia di migliaia.


Pochi giorni fa, a Latina (Roma), uno di questi schiavi si è ritrovato in un fosso, con la testa spaccata e con qualche osso rotto, come uno scarto che che si spera di poter nascondere nel fango. Perché? Perché si è permesso di chiedere al padrone, un imprenditore italiano ora agli arresti, se poteva avere i dispositivi (guanti e mascherina) per lavorare in sicurezza in questo periodo di epidemia.



Queste condizioni disumane - ma altamente profittevoli per i padroni - cadono anche sulle spalle dei lavoratori agricoli italiani che si devono adattare ai salari che il mercato offre ai clandestini. Non era una straniera Paola Clemente, 49 anni e tre figli, morta di fatica nei campi di Andria mentre lavorava all'acinatura dell'uva per due euro l'ora. Non era straniero Paolo Fusco, 55 anni e tre figli pure lui, stroncato da un infarto nelle serre di Giugliano mentre caricava cocomeri a temperature intollerabili, per 40 euro a giornata.


Nel frattempo, già ai primi di aprile, la stagione dei raccolti in frutteti, campi e vigneti si è presentata alle porte. Ma il nostro settore agricolo quest'anno si è trovato, secondo Coldiretti, con circa 300.000 lavoratori e lavoratrici stagionali in meno a causa delle chiusure per il Coronavirus. Il rischio concreto è di dover lasciare nei campi una parte dei prodotti coltivati (40%), e rallentare - se non bloccare - gli approvvigionamenti di cibo fresco a supermercati e negozi di alimentari.



La sanatoria: bene, ma è ancora troppo poco


Con questa terribile previsione il governo si è attivato per salvare la stagione agricola (sottolineo: la stagione agricola) dalla mancanza di forza lavoro. Le alternative possibili erano due: o regolarizzare i braccianti oppure andare avanti con il lavoro in nero, affidandosi alla catena mafiosa del caporalato, quella becera, criminale, consuetudine che nessuno è riuscito ancora a stroncare. Per fortuna ha vinto la prima, che è però solo la meno peggio.


Le polemiche dell’opposizione e, stranamente, del M5S non sono mancate: “Gli italiani soffrono e il governo pensa prima ai clandestini”. Come se ci fosse una flotta di italiani che non vedono l’ora di andarsi a spaccare la schiena nei campi, ma soprattutto come se da qui clandestini non dipendesse il cibo che mangiamo tutti i giorni. È bizzarro che i partiti delle regole e della legalità abbraccino una causa che conviene solo ai clan mafiosi della mano d’opera clandestina e agli imprenditori più spregiudicati.


Ci sono innumerevoli motivi per cui questa sanatoria conviene soprattutto a noi italiani, oltre che quello di salvare di netto la nostra stagione agricola (anzi conviene a noi italiani e basta).


  1. La concorrenza del disperato esercito di irregolari ha costretto migliaia di nostri connazionali, se volevano restare sul mercato, ad adeguarsi a salari minimi e a condizioni di lavoro spaventose. Regolarizzare significa alzare e regolamentare i salari, anche e soprattutto per noi italiani.

  2. A conti fatti, gli incassi derivati dai contributi versati superano le spese di gestione delle pratiche, quindi lo Stato ci guadagna. Tra entrate e uscite, calcolate dal decreto, nelle casse pubbliche resteranno 24,9 milioni.

  3. Finalmente potremo avere un censimento di buona parte dei lavoratori in nero e clandestini. Conoscere le dimensioni e l'entità di un problema è il primo passo per un processo risolutivo definitivo.

  4. Regolamentare significa più controllo, sicurezza sul lavoro, salari più umani e soprattutto un duro colpo alla gestione mafiosa del lavoro clandestino. Lo stesso procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, qualche settimana fa, aveva detto che regolarizzare significa colpire le mafie, perché «consenso sociale e reclutamento sono i due aspetti che le mafie riescono a cogliere in una situazione di difficoltà economica e sociale come quella attuale».


Ma tutte queste cose non si sono stranamente scoperte ora, lo sappiamo da sempre. Purtroppo i braccianti irregolari convengono, convengono alle mafie, agli imprenditori sciacalli, a chi non si fa scrupoli etici per fare più soldi possibili. Convengono soprattutto alla grande distribuzione che giova dei bassi costi della loro manodopera. La politica finora ha solo fatto finta di non vedere, e anche questa volta si è scelto chiaramente di interessarsi solo all'utilità di mercato, anziché pensare a salvare delle vite o cambiare un contesto lacerato, dilaniato dalle disuguaglianze sociali da ben prima della pandemia.


«Ci si è preoccupati più della verdura e della frutta, che si teme possano marcire, piuttosto che delle persone, i cui diritti stanno marcendo da anni nei campi», denuncia Aboubakar Soumahoro, attivista e sindacalista dei lavoratori agricoli dell’Usb.


Le criticità: non serve a niente se non si cancella il decreto sicurezza di Salvini


Molte sono le cose che però non vanno in questo provvedimento a cui manca un po' di coraggio. La prima è l'aver riservato la regolarizzazione a coloro i quali hanno un permesso di soggiorno scaduto entro la soglia del 31 ottobre 2019. Questo vuol dire che tutti i braccianti arrivati successivamente, o il cui permesso temporaneo è scaduto dopo questa data, non avranno accesso a questa emersione.


Altro nodo cruciale è che a causa Decreto Sicurezza promosso da Salvini durante il suo periodo da ministro degli interni, i risultati nella pratica potrebbero essere molto scarsi. Il decreto infatti ha modificato il testo unico del 1998 (legge Bossi-fini), sostituendo il permesso di soggiorno per motivi umanitari, con cinque permessi, che non danno nessun diritto alla straniero in quanto persona e che garantiscono solo assistenza sanitaria urgente ed in via eccezionale.



Attualmente esistono migliaia di migranti formalmente regolari che però sono sfruttati e ridotti in schiavitù. Quel decreto ha eliminato le già scarse possibilità per una regolamentazione dei diritti che vanno oltre al mero lavoro spingendo di fatto quelle persone all'emarginazione, determinandone la ricattabilità e facendole diventare ancor più vittime del caporalato.


«Non vanno regolarizzate le braccia, ma le persone» (Aboubakar Soumahoro su Fanpage.it)

La regolarizzazione inoltre sarebbe temporanea, questo andrebbe a legittimare l’idea per cui i diritti delle persone sono a tempo e che «tu in quanto migrante sei accolto solo se sei utile a me, mentre quando non servi più al mio arricchimento vieni espulso» dichiara Marco Omizzolo, sociologo e presidente di Tempi Moderni che da anni studia lo sfruttamento dei lavoratori stranieri nell'agricoltura.


Insomma, a questa manovra serve decisamente una marcia in più se vuole anche solo scalfire un problema profondamente radicato nel nostro sistema socio-economico. Gran parte del nostro mercato del lavoro (non solo agricoltura, ma anche servizi, logistica, cantieristica) si basa sullo sfruttamento sistematico dei lavoratori, in particolare migranti. In Italia ci sono migliaia di persone straniere che da 20 anni vivono e lavorano in Italia, pagano le tasse e non sono riconosciuti come cittadini italiani. Non riconoscere la cittadinanza significa determinare le condizioni di una segregazione di fatto. Vero e proprio schiavismo.



E così oggi, 21 maggio, i braccianti di tutta italia hanno deciso di dire basta. Hanno rischiato il tutto per tutto e hanno scioperato per ribadire la necessità di una azione decisa che garantisca loro dei diritti come ogni essere umano su questa Terra dovrebbe avere. Oggi, in moltissimi campi dove centinaia di migliaia di schiavi si spaccano tutti i giorni la schiena per portare alle nostre tavole il cibo che mangiamo, non ci sarà nessuno a raccogliere la frutta e la verdura. Il loro invito ai consumatori è quello di non comprare, per oggi, prodotti agricoli e di ortofrutta.


Io sono con voi, sono con il vostro coraggio e la vostra forza di ricordare a questo Paese che siamo tutti esseri umani. Purtroppo qualcuno a volte se lo dimentica.

 

Ma come funziona questo becero sistema di schiavitù moderna? Com'è la quotidianità di una vita da bracciante? Quali sono i motivi alla radice di questo problema? Lo scopriremo insieme nella prossima riflessione!


 
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